Cronaca

ULTIM’ORA. SPARI A UN POSTO DI BLOCCO
Agnano, 17enne ucciso
dopo un inseguimento
Tragedia ad Agnano nella notte, non lontano dall’Ippodromo: la vittima è un minorenne, un ragazzo di appena 17 anni, incensurato. Sarebbe stato ucciso nel corso di un inseguimento, dopo essere sfuggito a un posto di blocco. Fino a molte ore dopo era ancora ignota la dinamica dei fatti perchè attorno alla zona dell’incidente è stato creato un vero e proprio «cordone» impenetrabile da parte della polizia e le fonti cui abitualmente si rivolgono i giornalisti avevano evidentemente avuto l’ordine di un silenzio totale. Neanche i familiari della vittima hanno avuto, per ore, la possibilità di accedere al luogo dove si trovava il cadavere del minorenne, in attesa, forse, che arrivasse il magistrato di turno.
Intorno alla mezzanotte l’urlo delle sirene delle volanti che attraversavano la città in direzione della zona occidentale metteva in allerta i cronisti. Inutili le telefonate in Questura e ai commissariati di Fuorigrotta e di Bagnoli: black-out totale da parte della polizia. E nulla sapevano ancora i carabinieri, i vigili urbani e i vigili del fuoco. Il fotografo, arrivato sul posto, notava una gran confusione e l’impossibilità di accedere al luogo dov’era avvenuta la tragedia, nello spiazzo davanti all’ippodromo, di fronte a una concessionaria d’auto. E attorno al «cordone» creato dalle forze dell’ordine una immensa folla: tantissimi parenti della vittima, amici e conoscenti. L’atmosfera era di grande tensione: impossibile mettere in azione cineprese e macchine fotografiche.
Secondo i primi accertamenti, il ragazzo - incensurato, e probabilmente a bordo di un mezzo a due ruote - aveva tentato di sfuggire a un posto di blocco della polizia. Non si è fermato all’alt, e nel corso dell’inseguimento un agente, che forse voleva sparare in aria per spaventarlo, dopo essere caduto, nel rialzarsi avrebbe fatto partire il colpo che gli è stato fatale. Ma, ovviamente, si tratta di una prima ipotesi - fatta anche sulla base di alcune telefonate anonime giunte al nostro giornale - tutte da verificare.
L’idea delle forze dell’ordine è che il ragazzo «perbene» al posto di blocco si ferma, non tenta mai la fuga. Ma non è sempre così. E ieri, per non aver ottemperato all’alto, un ragazzo di 17 anni ha perso la vita.



Sabato 22 Luglio 2000

Napoli: sul motorino, senza casco, non si ferma all’alt, un poliziotto impugna la pistola e lo uccide
Morire a 17 anni, con un colpo alla schiena
Agnano in rivolta. Il padre: «Quell’agente ce l’aveva con lui, gli ha sparato a bruciapelo»
Il vicecapo della Polizia: non siamo Rambo. Il questore in visita alla famiglia
Napoli. Il corpo di Mario Castellano, 17 anni, colpito da un proiettile esploso da un agente di polizia, era ancora a terra in via Agnano-Astroni, quando una folla di amici e familiari del ragazzo si è rivoltata contro la polizia. Una notte di battaglia, auto danneggiate e ribaltate, un agente ferito. L’inchiesta della magistratura accerterà la dinamica del gravissimo episodio. Il questore Nicola Izzo si è recato in visita alla famiglia e si è trattenuto un’ora con la mamma e gli zii del ragazzo ucciso. Stamane l’autopsia, poi i funerali a Bagnoli.




Sabato 22 Luglio 2000

Blocchi stradali, Volanti della polizia
assaltate e ribaltate. Il giovane era
senza casco: centrato alla schiena.
Interrogati i testimoni, indagato
per omicidio l’agente che ha fatto fuoco
ELIO SCRIBANI
Un giovane spara, un altro muore sul colpo, il primo è un agente di polizia, il secondo è un bravo figlio, Mario Castellano, 17 anni appena, incensurato, l’uomo in divisa gli dice di fermarsi e lui scappa, ma solo perchè va in motorino senza casco, nè conflitto a fuoco nè legittima difesa, l’auto lo insegue, lui fa le giravolte, l’auto lo supera, l’agente scende e fa per bloccarlo arma in pugno, Mario lo evita e fila via lesto, l’altro si gira di scatto, forse cade, spara, lo uccide all’istante. Un assurdo, un paradosso, una bestemmia, le parti invertite, l’uomo della legge che assomiglia sinistramente a un carnefice, l’inchiesta dirà se è stato un errore, una disgrazia, una follia o che altro. Il poliziotto, 24 anni, è indagato per omicidio. Il Pm Cannavale gli ha notificato un provvedimento che dispone l’autopsia, potrà nominare un perito di parte, ma oggi è tempo di lacrime, rabbia, accuse e polemiche. Ed è tempo di rivolta, una famiglia contro, una folla contro, un quartiere contro, assalti e sassaiole, cariche, scontri, tre auto della polizia danneggiate, una anche ribaltata, la notte del terrore.
Un minuto dopo la mezzanotte, via Astroni-Agnano era già un’immagine d’apocalisse, un solo colpo, calibro 9 parabellum, il proiettile è entrato nella schiena ed è uscito dal cervello, Mario era curvo sul suo «Liberty 125» intento a fuggire, morto sul colpo, fulminato, il motorino ha proseguito la corsa, lui è crollato al centro della strada, il corpo di traverso sullo spartitraffico, i piedi da un lato, la testa dall’altra, il sangue, il silenzio totale, poi lugubri le sirene della polizia, ma anche le prime urla, gli amici, i parenti, la folla che usciva dall’ippodromo e quella accorsa da via Pisciarelli e da via Delle scuderie.
Una massa di uomini e donne inferociti, l’agente è stato portato via sotto choc, il centro operativo ha fatto confluire in zona tutti gli uomini e le auto disponibili, i carabinieri hanno mandato le loro gazzelle, sono arrivati il capo delle Volanti, Antonio De Iesu, il vice della Mobile, Maurizio Vallone, e il comandante della compagnia di Rione Traiano, maggiore Savino Guarino. Il corpo a terra. Gli agenti hanno tentato di seguire la solita trafila, strada chiusa e piantonata, sono cominciati i rilievi della Scientifica. Niente da fare. La folla ha preso a insultare gli agenti e a premere sulle transenne, le ha forzate, le ha spaccate, le ha infine travolte.
Un’aggressione brutale. Un poliziotto è rimasto colpito, ha perso tre denti ed è ricoverato al Cardarelli, ma l’obiettivo della rabbia popolare erano le auto, un modo, forse anche inconsapevole, di limitare i danni e non aggiungere tragedia a tragedia, i dimostranti hanno preso di mira le volanti, gli si sono scagliati contro, sfasciando carrozzerie e frantumando vetri, una l’hanno ribaltata, la polizia ha ordinato la carica, i carabinieri hanno dato man forte, ma non è bastato, la folla ha ripreso ad avanzare minacciosa, un’altra carica, più decisa, contatto duro, uomini e donne sono stati infine respinti verso Bagnoli, poi il magistrato ha ordinato via telefono la rimozione della salma, era proprio quello che i familiari del ragazzo non volevano, ma dopo due ore di battaglia hanno dovuto rassegnarsi e ripiegare.
Domanda: perchè quell’agente ha sparato? Il Pm sta interrogando tutti i testimoni, ma la dinamica dell’episodio non ha una faccia sola. La gente del quartiere dice in giro che quel poliziotto, detto il biondino, tre anni in polizia, due a Napoli, aveva preso di mira il ragazzo e la sua famiglia, ma i Castellano, considerati tranquilli commercianti di Bagnoli, hanno un solo neo, il sequestro preventivo di alcuni negozi in odore di riciclaggio dopo le accuse di un pentito, ma non ci sono ancora certezze e la vicenda, del resto, non sposta di una virgola i terribili fatti di via Agnano-Astroni. Dicono che Mario si sentiva perseguitato dal biondino, lui sempre senza casco, multe su multe, ecco perchè, quando lo ha visto nella notte, è scappato senza una vera ragione per scappare.
Il questore Nicola Izzo, prima un incontro con lo zio di Mario, poi una conferenza stampa, infine una lunga visita a casa dei Castellano, ha fornito ai giornalisti la ricostruzione ufficiale della polizia. Noi, ha detto il questore, non siamo certo poliziotti dal grilletto facile, io non invoco nè il caso nè la fatalità, ma anche i testimoni sostengono che l’agente è caduto, ora l’inchiesta dovrà stabilire se il colpo è stato esploso prima, durante o dopo la caduta. Ci aiuteranno le perizie, ma soprattutto l’autopsia, che indicherà la traiettoria del proiettile. Se ci sono responsabilità, saranno punite, ma, intanto, nessun provvedimento è stato deciso nei confronti dell’agente, che potrà essere trasferito solo per ragioni di opportunità ambientale. Non è bastato. Nel pomeriggio, anche dopo l’incontro con il questore, la gente di Bagnoli e di via Pisciarelli è tornata a riunirsi in via Astroni-Agnano, un blocco stradale, centinaia di persone, ancora rabbia e violenza, le forze dell’ordine sono tornate a fronteggiarle, insulti, minacce, un’altra auto danneggiata, bidoni e copertoni a fuoco, cartelloni divelti, grida e dolore. Oggi i funerali.




Sabato 22 Luglio 2000

«Aveva un sogno:
diventare modello»



Un ragazzo che «amava la vita e la rispettava, dedicando buona parte del suo tempo serale a fare compagnia di un suo compagno che non poteva camminare». Un sol coro ad Agnano: Mario, bravo ragazzo, carico di vitalità, vispo, quel tanto «monello» che non guasta con due grandi passioni, la musica e il suo motorino. Ed un sogno, una vanità, nel cassetto: fare il modello, o l’attore. Si sarebbe fatto un book, come nell’ambiente si chiama l’albo fotografico che ti accompagna nel tentativo di scalare il successo. Ma era la sola «stravaganza». Mario era un ragazzo come tanti, normale.
Aveva frequentato l'istituto alberghiero ma poi aveva deciso di lavorare con il padre, nel suo supermercato. Affettuosissimo in famiglia, aveva una predilezione particolare per la nonna con la quale era affettuosissimo. «Ma del casco non voleva saperne», spiega uno zio, Raffaele Puglia. «Pare che metterlo, per questi ragazzi, significhi essere sminuiti. Eppure glielo abbiamo sempre detto che era per la sua sicurezza». 17 anni, fratello gemello di Lorenzo che è la sua copia perfetta, e un fratello più piccolo, Maurizio di 12 anni, aveva il terrore di beccarsi un'altra multa. Il papà glielo aveva promesso: un'altra multa e gli avrebbe tolto il ciclomotore. E per lui significava togliergli l'aria. Con il motorino andava al lavoro, con il motorino usciva con le ragazze, una in particolare, che dall'altra sera non ha smesso di piangere.
«Aveva mangiato con me ieri sera (giovedì sera, per chi legge, n.d.r.) - continua lo zio Raffaele - perchè voleva sempre rimanere con mio figlio, che si chiama Mario anche lui. C'era il fratello Lorenzo. Mi aveva chiesto il sacco di allenamento per il pugilato. Gli avevo detto che sul motorino non poteva portarlo, perché pesa 30 chili. L'avrebbe preso con il padre, passando con l'auto. Quando sono andati via gli ho detto di telefonarmi non appena giunti a casa. Invece...» Invece Mario aveva raggiunto l'ippodromo, un punto d'incontro dei ragazzi di Agnano. Anche perchè lì c'era il suo amico Gennaro Sarnataro, costretto su una sedia a rotelle per una malattia congenita, al quale Mario prestava la forza delle braccia per spingere la carrozzella e consentirgli di muoversi un po', uscendo dalla casa.
«Vi veniva a prendere tutte le sere - racconta Gennaro - quando c'era qualcosa all'ippodromo andavamo lì, altrimenti ce ne stavamo per via Pisciarelli o arrivavamo al bar «Di Fusco», all'incrocio con le scuderie. Ieri sera (giovedì sera, per chi legge, n.d.r.) ha incontrato l'altro mio fratello, Mimmo, che gli aveva prestato una maglietta della squadra del Napoli. Te la voglio restituire, gli aveva detto. Adesso vado a prendertela. Gli abbiamo detto che non c'era fretta. Ma lui niente. No, no vado a prendertela, ha detto. È uscito con il motorino e poco dopo è successo quello che è successo». Gennaro Sarnataro è visibilmente scosso. Ora il suo amico non c'è più: lo ripete spesso e si chiede perché è accaduto tutto questo, perché quel poliziotto ha sparato, ha ucciso il suo amico.




Sabato 22 Luglio 2000

L’UOMO È STATO GIÀ SENTITO DAL PM
«L’ho visto, ha preso la mira e ha sparato»
Un dipendente dell’ippodromo racconta la sequenza della tragedia
MAURIZIO CERINO
Via Pisciarelli, ad Agnano, è la strada nella quale Mario e il suo gemello, Lorenzo, sono cresciuti. Fra cugini e amici trascorrevano quasi tutto il tempo libero. E a via Pisciarelli si sente una sola voce: «Quel poliziotto ce l’aveva con Mario, glielo aveva promesso che l'avrebbe ucciso». Una frase per incutere timore...
Una zia di Mario ricorda che il nipote si lamentava spesso con lei, che era la zia che lo «copriva», quando lo beccavano senza casco e gli facevano la multa. Qualcuna gliel’ha pagata il marito, per evitare che il papà, Antonio, gli togliesse il motorino. «Zia, quel poliziotto ce l’ha con me, mi ha fermato. E un altro giorno - prosegue la donna - Mario mi diceva che l'aveva seguito, e che gli aveva detto "pure ti acchiappo"». «Un giorno - racconta il cugino Salvatore - Mario era fermo con la fidanzatina davanti al bar Di Fusco, seduti sul motorino a motore spento. Questo poliziotto s'avvicinò a Mario e gli disse "mo’ ti sequestro il motorino che state a due senza i caschi". Dovetti intervenire prima io, che ero lì nei pressi per fargli notare che erano semplicemente seduti sul ciclomotore a motore spento, e quindi i caschi non servivano. Ma lui non volle sentir ragioni. S'avvicinò anche l'altro zio, Raffaele, per contestare la stessa cosa. Lo ha perseguitato, fino a farlo morire».
Il piazzale dell'ippodromo di Agnano: la strada è segmentata da aiuole spartitraffico e cordoli separatori.
Giovedì sera, ore 23,30. Dall'ippodromo è appena uscito Giovanni De Bernardo, che lavora nella struttura sportiva. È lui l'unico testimone oculare che ieri, in Procura, il pm ha ascoltato a lungo.
«Non appena uscito - racconta De Bernardo - sono stato attirato da una Punto della polizia che girava intorno all'aiuola spartitraffico all'uscita del piazzale dell'ippodromo; davanti c'era un motorino, guidato da un ragazzino. C’era luce a sufficienza per capire che poteva avere al massimo 16, 17 anni. La polizia gli stava dietro, ma non capivo se voleva fermarlo o meno. Nel fare un altro giro la Punto urta contro un'altra isola spartitraffico e si ferma. S'apre uno sportello posteriore - prosegue il testimone - e scende un poliziotto, che attraversa di corsa in diagonale la strada e si nasconde dietro un cespuglio dell'aiuola più grande, aspettando il passaggio del ragazzo sul motorino. Non appena il ciclomotore gli è a taglio, lui fa un balzo, ma non calcola bene il tempo, per cui sfiora appena il mezzo e cade sull'asfalto. Il ragazzo sul motorino sbalda leggermente, perde velocità ma non cade e si volta. Il poliziotto, disteso al suolo, con la testa in direzione dell'ippodromo, fa una torsione del busto su se stesso e si mette in direzione del motorino e contemporaneamente estrae la pistola dalla fondina. Prende la mira, mantenendosi con la mano sinistra il gomito destro. Ho pensato che, trascorsi quei quattro, cinque secondi, non avrebbe sparato. Invece - racconta ancora De Bernardo - in quegli attimi ha aggiustato la mira e ha sparato. Gli sono balzato addosso, gli ho urlato: che hai fatto, e lui mi ha detto che io ero il complice del ragazzo e che avevo la pistola. Gli ho risposto che era un bene per lui che non l'avessi. Poi sono andato vicino al ragazzo, ho visto il sangue, l'ho girato perchè aveva la faccia sull’asfalto: aveva gli occhi aperti e un sorriso sul volto, ma era morto».



Sabato 22 Luglio 2000

L’IRA DEI GIOVANI IN SELLA AI MOTORINI
«Posti di blocco? Non ne vogliamo»
SANTA DI SALVO
A metà del rettilineo di via Nuova Agnano le auto rallentano. «È successo qui il fatto?». Sì. il fatto è avvenuto qui, davanti allo spartitraffico che divide in due la carreggiata, dove ora sono deposti fiori di campo e rami spezzati di oleandro. La notizia ha fatto il giro di Agnano. Tra via Pisciarelli e via Ruggieri, la strada delle scuderie, di buon mattino la gente a piccoli gruppi commenta, protesta, si dispera. La notte della rivolta s’è trascinata dietro animi esacerbati e incredulità, la morte senza senso di un diciassettenne è una miccia accesa, una bomba carica di un’ira sacrosanta ma anche di un ribellismo antico e furibondo. Qui andare in giro senza casco - oggi più che mai - è una sfida alle forze dell’ordine, qui «posti di blocco non ne vogliamo più», qui una cultura mai sottomessa alle regole attinge nuova linfa da una tragedia che non ha un perchè.
Dall’altro canto, la pallottola maledetta che ha ucciso Mario Castellano, un «ragazzo d’oro» che aiutava il padre nel supermercato di famiglia, una molto brava famiglia ripete Karim, anziano marocchino che lavora nel market da sette anni, ha trasformato in statue di sale anche coloro che invocano maggiori controlli e tolleranza zero. Non si può morire così, uscendo dall’Ippodromo con gli amici a mezzanotte, dopo la sesta corsa, per sfuggire a un poliziotto che ti intima l’alt e che tu conosci perchè ti ha già multato più di una volta.
«Stavo rincasando, mezz’ora dopo le 24. Quando ho visto quel corpo disteso sull’asfalto ho pensato subito a mio figlio» racconta Enrico Alleati, consigliere comunale a Pozzuoli. «Non voglio generalizzare, ma certo l’episodio è gravissimo. Non si possono armare persone senza prima verificarne competenza e professionalità». E Umberto Di Matteo, che ha l’officina meccanica poco distante, s’interroga piangendo sulla dinamica dell’incidente, visto che numerosi testimoni giurano di aver visto il poliziotto puntare l’arma e sparare alla schiena del ragazzo che scappava. Quello che è successo dopo è una rivolta, una sommossa di popolo che ha messo in difficoltà una ventina di volanti, costringendo le forze dell’ordine a caricare una fiumana rabbiosa che ha travolto le transenne e devastato e ribaltato alcune auto.
Da dove è spuntata quella folla minacciosa? Come si è addensata tanta gente su una strada di scorrimento? C’erano già sul luogo della sparatoria numerosi amici di Mario, usciti con lui dall’Ippodromo. Da loro sono partite telefonate convulse, per chiamare a raccolta i genitori e altri ragazzi da Bagnoli, da Coroglio, da Fuorigrotta. E dalla vicina via Pisciarelli, dove abita lo zio di Mario, Raffaele Puglia, la nonna Immacolata e altri parenti sono scesi in molti dalle case. Dal bar Vitale, dalle villette e dai palazzetti a ridosso della Solfatara si materializzano in più di duecento. Ad essi si aggiungono gli automobilisti di passaggio, bloccati dal cordone di polizia. Scesi dalle auto, si informano. E il clima s’infiamma.
Nè gli animi si placano con il passar delle ore. Stesse scene di guerriglia urbana ieri pomeriggio, con altra gente che s’addensa sulla strada scendendo dalle case col tetto in lamiera, dalle officine e dai piccoli market rionali, dagli autoservice e dalle officine che punteggiano la strada. Non è un quartiere, non è una vera comunità, non c’è neanche una parrocchia, ma un edificio adibito a chiesa che apre solo il sabato e la domenica. A tenere unita questa gente è la rabbia e la paura. La rabbia per questa vita spezzata senza ragione. La paura di vedersi sottratta la verità su questa stupida morte violenta.


Sabato 22 Luglio 2000

Il papà: «Quel poliziotto lo perseguitava»
FRANCESCO VASTARELLA
I gemelli hanno qualcosa che li unisce per tutta la vita e non solo nel grembo materno. Lorenzo riesce a dire poche parole e poi si chiude in un malinconico silenzio: «L’ha ammazzato, quel poliziotto perseguitava mio fratello, l’ha fatto apposta. Assassino. Una volta gli disse: tira fuori la droga e le armi. Che droga? Che armi? I nostri genitori ci hanno abituato a lavorare». Lorenzo è il gemello di Mario Castellano, il 17enne colpito da un proiettile esploso da un poliziotto ad Agnano. Entrambe aiutavano il papà in un supermercato di Bagnoli. Gli occhi rossi, le parole spezzate, Lorenzo abbassa il capo, piange come se anche una parte di se stesso fosse morta, come se quel proiettile avesse colpito anche lui.
Passa un minuto, il ragazzo guarda negli occhi la mamma, Patrizia Battimelli, una donna giovane e bella che si regge appena, segnata da una notte insonne e dagli svenimenti. Si osservano, si interrogano mamma e figlio. Solo la tensione e la tenerezza degli sguardi può dare l’idea del dolore, soltanto loro due possono intendersi, nessun altro può capire che cosa significa perdere una parte di se stessi. Intorno le voci della rabbia e della disperazione, dei parenti e degli amici che non riescono a darsi pace per questa tragedia.
Nonna Immacolata abbraccia Patrizia, la consola, invoca il nome di Mario, il nipote del cuore, «il più bello di Bagnoli, un modello, ma anche un ragazzo generoso». Teresa Battimelli, la sorella di Patrizia, che aveva ospitato a cena Mario fino a pochi minuti prima della tragedia, scoppia in lacrime. Ora la famiglia - una famiglia molto unita e di gran lavoratori, raccontano i conoscenti - è riunita nella casa di Teresa in via Pisciarelli, sotto la collina degli Astroni. Si sono ritrovati qui dopo la notte trascorsa tra la strada e l’obitorio, le tensioni ad Agnano, gli scontri con gli agenti, la solidarietà di tanta gente.
Antonio Castellano, il papà, 38 anni, commerciante, non è ancora tornato, è rimasto a lungo seduto sulle scale dell’obitorio del vecchio Policlinico. Quando torna abbraccia a lungo Patrizia e stringe la mano di Lorenzo e Maurizio, il terzo figlio. Poi, nel primo pomeriggio, quando in via Pisciarelli arriva il questore Nicola Izzo a manifestare «il dolore della Polizia per l’accaduto», Antonio si sfoga, ma con grande compostezza: «Sette-otto volte quel poliziotto aveva fermato mio figlio. L’ultima volta che l’agente vide Mario gli disse: ti toglierò il motorino prima o poi. Mio figlio rispose: me ne scappo. E il poliziotto: se scappi ti sparo. Come si fa a uccidere per il casco un ragazzo di 17 anni? Non ce l’abbiamo con la polizia, ma con i metodi inaccettabili di certi...». Il questore Izzo, che con la famiglia si trattiene oltre trenta minuti, ha appena il tempo di dire che anche l’agente che ha sparato è sconvolto, che la giustizia farà il suo corso, ma Antonio Castellano riattacca: «Ci sono decine di testimoni che hanno visto la scena del delitto, che si sono resi conto che neppure l’alt è stato intimato al ragazzo. Temiamo siano stati intimiditi dei testimoni. Questa morte - conclude Castellano - non possiamo però accettarla. Invochiamo verità e giustizia. Il sospetto che incombe che in famiglia ci sia un prestanome del clan di Bagnoli? Noi siamo puliti, lo dimostreremo, aspettiamo solo la sentenza. Comunque, questa vicenda non può essere legata alla morte di mio figlio, nè motivo di persecuzione».
Lorenzo conferma il racconto del papà: «Una volta quel poliziotto lo fermò e lo fece andare via. Poi, lo inseguì e lo fermò di nuovo. Lo provocava. ”Che brutta figura che hai fatto con Ilaria, la tua ragazza, gli disse, vedi che ti ha piantato dopo quella volta al bar Di Fusco”. Mio fratello aveva paura, era terrorizzato». Patrizia, la mamma, rievoca altri retroscena: «Mario mi raccontò che quell’agente gli disse: ”Castellano, tu hai soldi, motorino, ragazze e io sto qui a rischiare la pelle.” Assurdo, perché un ragazzo doveva essere intimidito in questo modo? L’agente conosceva bene mio figlio, poteva prenderlo in qualsiasi momento. Invece ne ha fatto un bersaglio umano».
Mario, lo confermano i parenti, aveva un astio per il casco. «Non lo sopportava perché gli rovinava il gel dei capelli, lui voleva fare il modello, aveva anche un album di foto che aveva dato a una agenzia di spettacoli». «Una volta - raccontano gli zii Raffaele Puglia e Salvatore Castellano - un poliziotto lo fermò all’esterno del bar Di Fusco. Mario era senza casco, vero. Ma quando arrivarono i poliziotti il ragazzo era fermo con la fidanzatina e lontano dal motorino. Intervenimmo noi parenti, i metodi con cui fummo trattati sono indefinibili». Un altro zio, Achille Castellano ricorda: «Tre volte era stato multato per il casco. La prima non voleva farlo sapere al papà, severissimo per questo. Rimediai io, rimproverandolo e invitandolo a mettersi il casco. Non potevo immaginare che per un casco si potesse anche uccidere».




Domenica 23 Luglio 2000

Agnano, addio a Mario tra dolore e proteste
SANTA DI SALVO
Maria Santissima Desolata è una statua in gesso con le braccia incrociate e il volto annichilito dal dolore, nell’edicola illuminata al neon sopra l’altare. Patrizia Battimelli, jeans e capelli rossi, la guarda e vi si specchia, la testa che non sta su dritta e si china in avanti, o sulla spalla del parente vicino, o indietro per prendere aria nella chiesa in cui non si respira più, quasi mille persone che premono verso l’altare e aspettano che arrivi la bara bianca di suo figlio Mario, il corpo di un diciassettenne ucciso in una calda notte di luglio, senza un perchè, dalla pallottola di un poliziotto e appena ricomposto dopo l’autopsia. Quasi altre mille persone restano fuori, appoggiate alle cancellate della chiesa ricoperte di decine di corone bianche, di qua e di là in via Amedeo Majuri, di fronte all’ingresso della Cumana.
Lungo la strada, i giovanissimi amici di Mario, un centinaio di ragazzi, hanno formato un corridoio umano con striscioni perentori e aggressivi: «Piemme, Mario ti guarda dall’alto, vuole giustizia vera». «Piemme, se hai le palle fatti valere». «L’assassino è libero, attenzione». «Trasferimento per la pattuglia assassina». «Ministro Bianco, fatti non parole». Opinioni sacrosante, da condividere, dice Achille Castellano, lo zio di Mario che fa da portavoce alla famiglia: «Questi slogan non sono duri, sono giusti». Dentro, mamma Patrizia piange e guarda la Madonna che ha dato il nome alla parrocchia, mentre davanti le sfilano tutti i parenti e le autorità - quelli un bacio e una carezza, questi le strette di mano - e lei fa sì con la testa, fa sempre sì e abbraccia Lorenzo, il fratello gemello di Mario, impietrito da uno strazio troppo adulto, insopportabile per le sue giovani spalle. L’altro fratello, il piccolo Maurizio, ha lo sguardo assente di chi non si rende conto ancora di quello che è accaduto. C’è l’assessore comunale Antonio Paolucci, c’è la presidente di circoscrizione Antonella Cammardella, più tardi arriveranno per un saluto il sindaco Riccardo Marone e il comandante provinciale dei carabinieri Carlo Gualdi, non c’è il questore di Napoli Nicola Izzo, che ha preferito recarsi direttamente al cimitero di Fuorigrotta per un omaggio al ragazzo ucciso.
Ma perchè fare la conta delle autorità se un intero quartiere è sceso in strada e si è riversato in chiesa? Qui dentro ci sono tutti, praticamente tutti i ragazzi di Bagnoli e di Agnano. Hanno gli orecchini e i capelli fissati con il gel, le scarpe tecniche, il motorino e gli occhiali fascianti, assomigliano tutti a Mario e piangono tutti per un fratello perduto troppo presto. Lo strazio delle ragazze è ancora più palese. Si chiamano Cinzia, Sabrina, Ilaria, Ilenia e Debora, hanno capelli con le treccine, braccia tatuate e scarpe con la zeppa, portano mazzi di fiori, si abbracciano piangendo, facendo risuonare il soffitto a cassettoni in finto neoclassico coi loro singhiozzi disperati. Mario Castellano ora è «un angelo», non lo dimenticheremo mai. Gli studenti dell’Alberghiero di Bagnoli, in cui Mario frequentava il primo corso, si sistemano in piedi lungo la navata. La prof Ambrosio, quella di Francese, intona il rosario al microfono in attesa della bara. È un funerale straziante, interminabile. La gente è arrivata alle 11 per prendere posto, l’appuntamento è fissato a mezzogiorno, il feretro arriva alle 13.35 perchè l’esame autoptico ha richiesto più tempo del previsto.
All’arrivo della bara bianca, accompagnata dal padre Antonio e dagli zii, la folla ondeggia impazzita ed esplode in un boato liberatorio impastato di lacrime e grida. I telefonini squillano, i flash scattano, le videocamere appostate sull’altare riprendono lo strazio dei parenti che circondano la bara quasi a proteggerla dall’assalto della gente che vorrebbe toccare, vorrebbe baciare. Il rito funebre, officiato da don Antonio Coppola, parroco a Bagnoli dal 1949, è uno spettacolo pubblico che travolge inevitabilmente la domanda di compostezza invocata dai familiari. Gli amici di Mario in lacrime accosciati attorno al feretro, gli stendardi della Madonna dell’Arco che ondeggiano sulla porta della chiesa, i lamenti e le grida tra i banchi, gli occhi arrossati dal pianto e dall’incenso, mamma Patrizia che accarezza la cassa. Una zia di Mario è già svenuta, nonna Immacolata viene portata via a braccia ancor prima dell’arrivo del feretro.
«Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio. Nessun tormento le toccherà» ripete don Antonio citando il Libro della Sapienza. E poi c’è la lettera ai Romani di San Paolo: «Nessuno vive per se stesso, nè muore per se stesso». E infine il celebre ammonimento dal Vangelo di Luca: «Estote parati, siate pronti», la parabola dei servitori narrata da Gesù ai discepoli.
Don Antonio sa, e dice, quanto difficile sia rivolgere una parola di conforto a persone colpite da un lutto così estremo. «Ciò che è avvenuto è irreversibile - continua il parroco - e noi che viviamo per conoscere amare e servire Iddio dobbiamo rassegnarci e dire, come Gesù sul Golgota: perdonali, perchè non sanno quello che fanno». A Mario, «un ragazzo alla fine della fanciullezza, neanche nel pieno della gioventù», va il lungo applauso alla fine del rito, dopo che invano i familiari hanno chiesto di restare soli cinque minuti a piangere il congiunto. Il corteo si snoda lento e invade tutta la strada. Il resto di Bagnoli è alla finestra, a salutare un suo figlio che se ne va.


Domenica 23 Luglio 2000

L’ACCUSA DEI FAMILIARI E DELL’EX FIDANZATA
CARMELA MAIETTA
Stanno in bilico tra la rabbia e il dolore: hanno vegliato tutta la notte la zona dove è stato assurdamente falciato Mario, lasciando fiori e lumini accesi; hanno fatto un blocco stradale, ed ora, davanti alla chiesa, ripetono in coro quello che hanno scritto su uno striscione: «il casco ti salva la vita, la P.S. ti ammazza». È Dario ad assumersi il difficile compito di calmare gli animi: «è vero siamo incazzatissimi, ma dobbiamo rispettare Mario». E poi aggiunge: «i conti li faremo dopo». Ci sono tutti gli amici di Mario. Tantissimi. Si tengono abbarbicati a piccoli branchi sparsi, stretti dalla folla: capelli gelatinati, il cerchietto all’orecchio, qualcuno con il brillantino sul naso: ragazzi di oggi a cui è stato scippato tragicamente uno dei compagni più cari, quello sempre disponibile, la battuta pronta, la vita presa in allegria.
È soprattutto questa vivacità di carattere che adesso rende più affranta Ilaria, fidanzatina diventata ex solo da poco. Ilaria, di qualche anno più piccola, non sa darsi pace: i lunghi capelli scuri fissati da un fermaglio azzurro, vestita di nero, si accascia tra le braccia di una parente mormorando: «me l’ hanno ucciso, solo l’altro giorno parlava del suo futuro, del lavoro che gli piaceva tanto». E ancora: «sempre lo stesso poliziotto a fargli le multe, è stata una persecuzione, non so perchè ce l’avesse con lui, forse era geloso». Annuisce l’amico del cuore, Enrico, che sta un pò più indietro, sulle gradinate della chiesa; la madre non riesce a consolarlo: «tutto ciò è insopportabile - grida Enrico - hanno sempre ragione loro, chi l’ha ucciso è un bastardo ed è libero».
Cosa aspettano a prendere provvedimenti più severi contro il poliziotto che ha premuto il grilletto? La domanda passa di bocca in bocca e diventa una sorta di tam-tam. «Quello che più ci addolora - dice Achille Castellano, zio di Mario - è che l’agente non sia stato arrestato, eppure l’autopsia ci dà ragione, il colpo non è partito accidentalmente; noi speravamo che fosse stato così, la nostra sofferenza è diventata più grande quando il medico ci ha detto che il colpo era mirato; ma è possibile far morire un ragazzino così? Una cosa ignobile». E dov’era il posto di blocco? chiede Gaetano Aiardo, «erano tre giorni che non si vedeva una pattuglia in giro, non c’è nessun alibi ed il minimo è pretendere giustizia, è un delitto che non può restare impunito».
E Giovanni De Bernardo, un testimone che lavora alle scuderie dell’ippodromo di Agnano e che è stato già interrogato dal magistrato, viene subissato di domande, e lui ribadisce: «ero a poca distanza, ho visto il poliziotto scendere dall’auto, scivolare sul prato di un’aiuola, puntare la pistola contro Mario e sparare». Un brivido di orrore prende tutti mentre Giovanni continua:«voleva impedire di avvicinarmi, ha minacciato di arrestarmi, ma io non ho paura di dire la verità. «Sembra quasi un’esecuzione - dice qualcuno con un filo di voce - è terribile; è come se fosse il frutto di una mente alterata». Un’osservazione che scatena un’altra serie di interminabili domande che si sovrappongono ad una teoria di «si dice». Quale è stato il vero motivo del trasferimento del poliziotto a Napoli? vorrebbe sapere uno zio di Mario. «Noi abbiamo il dubbio - sostiene - che non si dica tutta la verità». Che deve venire fuori ad ogni costo, ribadisce per tutti Marisa Mastrolilli, l’ultima persona ad aver salutato Mario quella tragica sera. E nella notte tra giovedì e venerdì prossimi, a sette giorni dalla morte di Mario, ci sarà una fiaccolata. Per non dimenticare.




Domenica 23 Luglio 2000

TENSIONE PRIMA DEL RITO FUNEBRE, I RAGAZZI PER SFIDA NON INDOSSANO IL CASCO
Sequestrano bus e autista: «Portaci in chiesa»
Il vice parroco: «La gente è sgomenta, si è incrinato un rapporto di fiducia»
FRANCESCO VASTARELLA
I poliziotti assediati e spintonati dalla folla, che tenta di proteggere uno spacciatore immigrato arrestato sugli spalti del Maschio Angioino. Dall’altra parte della città, Agnano, nelle stesse ore c’è la veglia dei giovani amici di Mario Castellano, il 17enne ucciso da un agente. Due segnali evidenti della tensione, di un rapporto compromesso dopo la tragedia nella notte tra giovedì e venerdì, a pochi passi dall’ippodromo. I cittadini invocano la presenza delle forze dell’ordine contro la grande e la piccola criminalità, eppure ora sembra temano questa presenza. A Bagnoli, dove Mario abitava e lavorava, non si vedono le pattuglie della polizia. Anche dalla sede del Commissariato di Bagnoli non arriva alcun segnale quando, dopo i funerali, un gruppo di giovani promuove un sit-in. I carabinieri, che pure nella vicenda hanno avuto il difficile ruolo di mediazione per riallacciare il dialogo con la gente del quartiere, si tengono a distanza, non parlano di caschi con i ragazzi che «per sfida e protesta» il casco non lo indossano. Basterebbe poco per innescare una reazione a catena.
Ecco Mimmo, un amico di Mario, che a pochi passi dal carro funebre, vuole passare con il motorino mentre la folla saluta i parenti. Un giovane sottufficiale dei carabinieri lo invita, con calma, a fermarsi. Mimmo s’infuria. Il militare mostra i nervi saldi, al punto che trova la solidarietà degli amici del ragazzo. Ma c’è chi interpreta l’invito come un modo per intimidire Mimmo, uno dei più esposti nella protesta dopo l’uccisione di Mario. «Lo sapevo che andava a finire così, ora ci tormenteranno», inveisce una donna. «Non ti ho detto niente, se arrivi con lo scooter in moto sulla folla rischi di fare male qualcuno e certamente il tuo amico morto non lo vorrebbe», è costretto a precisare il sottufficiale per far comprendere le sue intenzioni.
Ma le parole a poco servono di fronte agli animi dei più arrabbiati. Se nello sgomento e nel dolore i più riescono a tenere un comportamento composto, c’è chi non riesce a sentire ragioni e fa di tutta l’erba un fascio. Il rito funebre è fissato per le 12, ma un’ora e mezza prima Bagnoli è già mobilitata. Tra viale Campi Flegrei e via Amedeo Maiuri ci sono un migliaio di ragazzi, casalinghe, operai in attesa che nella chiesa di Maria Santissima Desolata arrivi la salma. Il primo gruppo di ragazzi, una cinquantina tra cui Ilaria, la sedicenne fidanzatina di Mario Castellano, è arrivato con il bus «C2» dell’Anm, «dirottato» dopo il blocco stradale ad Agnano, sul luogo del delitto.
Sul sagrato compaiono le bandiere dell’associazione della Madonna dell’Arco. Poi, arrivano gli striscioni dei dipendenti dei supermarket della famiglia Castellano e degli amici di Mario. Frasi di sdegno e condanna: «Vogliamo la verità, interrogate i testimoni», «Commissario di Bagnoli trasferisci esaltati e buffoni», «Trasferimento per la pattuglia assassina», «Questore, giustizia», «L’assassino è libero, attenzione», «Pm, se hai le palle dimostralo».
Tra la gente c’è anche il presidente della circoscrizione, Antonella Cammardella: «Lunedì abbiamo il consiglio circoscrizionale, porporrò di costituirci parte civile. Il nostro è un quartiere di sane radici operaie, non c’è microcriminalità. Tanta tensione la gente non la riesce a spiegarla». Nella sacrestia c’è l’assessore alla Mobilità, Massimo Paolucci: «In questi momenti è preferibile restare in silenzio». Don Raffaele Russo, il viceparroco, resta a lungo tra i ragazzi: «La gente è sgomenta, arrabbiata. Bisognerà lavorare per riconquistare la fiducia che questo episodio ha messo in crisi». «Già - risponde Rosaria Guazzo, una delle volontarie della parrocchia - gli uomini delle forze dell’ordine non possono essere arrabbiati. Io conoscevo Mario, lavorava nel supermercato sotto casa mia. Un giovane vivace, ma ben educato».
Ilaria piange davanti alla chiesa. «Basta non ce la faccio più a rispondere alle domande». I carabinieri e i vigili urbani presidiano le strade, arriva il comandante provinciale dell’Arma, il colonnello Carlo Gualdi, che entra in chiesa per salutare la famiglia del giovane ucciso. Gualdi poi si trattiene per qualche minuto con l’ex comandante della caserma di Bagnoli, Antonino Galletta, il maresciallo che durante i disordini seguiti al delitto contribuì a convincere i manifestanti a evitare ulteriori gesti di intolleranza nei confronti degli agenti. Galletta per sei anni è stato a Bagnoli e ha conservato un buon rapporto con la gente. «No, ma non ce l’abbiamo con tutti gli agenti - dice Nino Vitale, uno dei compagni di Mario - Chiediamo solo che si faccia giustizia e che emerga la verità. No, non ci deve essere alcun gesto di intolleranza o inciviltà». Annuiscono altri due amici, Lello e Marcello.
Finalmente alle 13.30 arriva la salma, liberata dopo l’autopsia. La maggior parte dei cittadini non riesce ad entrare in chiesa, tutti si raccolgono sotto gli alberi che corrono paralleli al binari dela Cumana, mentre il sole picchia forte. Mario Esposito, ex leader dei caschi gialli ed ex consigliere regionale lancia un bacio alla bara: «Sono padre - dice - quel ragazzo non doveva morire. Mi conforta la composta risposta popolare dopo le prime reazioni istintive». Tutto intorno è silenzio, interrotto solo dal fischio del treno. Quando il feretro esce dal tempio, in tutte le strade si sente il rintocco delle campane, il quartiere sembra fermarsi. Parte il corteo, un lungo giro da via Enea a piazza Salvemini a via Campi Flegrei, di nuovo dinanzi alla chiesa e infine a piazza Salvemini dove il corteo si scioglie. La gente segue dai balconi, c’è chi appalude, chi piange, chi lancia un fiore sulla bara portata a spalla da cugini, parenti, amici. Una donna si commuove e grida: «Mario, sei nel cuore di tutte le mamme».


Domenica 23 Luglio 2000

LA FAMIGLIA RINGRAZIA MINISTRO E COMUNE
E giovedì fiaccolata sul luogo dell’omicidio
In un primo momento gli amici volevano organizzare una fiaccolata per stasera. In un comunicato diffuso a nome della famiglia dall’avvocato Gaetano Montefusco, è stato precisato che la fiaccolata si farà alle 23.30 di giovedì, alla stessa ora del delitto «per dare la possibilità ai numerosi amici di testimoniare l’affetto e la solidarietà». Uno degli zii, Salvatore Castellano, commentando la notizia della sospensione dal servizio del poliziotto ha parlato «di primo passo verso il compimento della giustizia nel più breve tempo possibile». La famiglia ha ringraziato «le persone che ordinatamente hanno voluto solidarizzare per la morte di Mario» e soprattutto ha ringraziato il ministro dell’Interno Enzo Bianco «per la promessa celerità nell’accertamento delle colpe di chi ha stroncato la giovane vita» e ha espresso apprezzamenti «per la sensibilità dimostrata dal sindaco Marone, dall’assessore Paolucci, dal questore Izzo. Viene, infine, ribadito che «il giovane Mario, «per essere privo di casco, era ben riconoscibile dal suo sparatore e che non ha mai forzato alcun blocco». «La famiglia - conclude il comunicato - prende atto che dall’autopsia effettuata dal professor Pietro Zangani e dal perito balistico Paolo Romanini è emerso che la morte è dipesa da una lesione al polmone sinistro e che si possa escludere che ci si trovi in presenza di un caso accidentale».


Domenica 23 Luglio 2000

L’AUTOPSIA: COLPO ESPLOSO DAL BASSO
Il perito del pm ha lavorato
sul caso di Marta Russo
L’inchiesta affidata ai Pm Cannavale e Del Prete si è arricchita ieri di due nuovi elementi: i primi risultati dell’autopsia, eseguita da Pietro Zangani, e la perizia balistica affidata a Paolo Romanini, lo stesso esperto utilizzato dalla Procura di Roma per i rilievi tecnici sull’omicidio di Marta Russo. In Procura è già arrivata una valutazione parziale: gli esami tecnici confermerebbero che Mario Castellano è stato ucciso da un solo proiettile calibro 9, entrato dalla regione toracica posteriore e fuoriuscito anteriormente alla base del collo. Nell’attraversare il corpo della vittima, il proiettile ha provocato gravissime lesioni al polmone sinistro e all’aorta. La morte è sopraggiunta rapidissima. Un altro elemento: tra il foro di entrata e quello di uscita è stato rilevato un dislivello di circa venti centimetri, il che prova con tutta evidenza che il colpo è stato esploso dal basso verso l’alto, ma la circosrtanza potrebbe, in teoria, essere compatibile sia con l’ipotesi difensiva che l’agente abbia sparato cadendo sia nell’ipotesi accusatoria che egli si sia, invece, inginocchiato per prendere la mira. Negli uffici della Procura, intanto, sono proseguiti gli interrogatori dei colleghi di pattuglia dell’agente indagato e di numerose persone che hanno assistito all’episodio di via Agnano-Astroni. L’interrogatorio dell’agente non è stato, invece, ancora fissato. Il difensore di fiducia, avvocato Domenico Ducci, non ne ha ricevuto avviso. Non è detto, del resto, che i magistrati decidano di interrogarlo, visto che hanno a disposizione la relazione di servizio che lo stesso agente ha inviato in Questura subito dopo la morte di Mario Castellano.



Domenica 23 Luglio 2000

«Lo conoscevo, ma non volevo ucciderlo»
ELIO SCRIBANI
L’altra faccia di questa tragedia è un poliziotto nativo di Foggia, tre anni in polizia, prima in Puglia, poi in Lombardia, infine a Napoli. Ha sparato e ucciso, ieri è stato sospeso dal servizio. Dice il suo avvocato di fiducia, Domenico Ducci: se la vita di Mario si è spenta, quella dell’agente è una vita ormai drammaticamente segnata. Il poliziotto è sconvolto. Non dorme da tre giorni, è ancora sotto choc, non è in condizione di parlare. Aspetta che i magistrati della Procura decidano di interrogarlo. È indagato per omicidio preterintenzionale, un’accusa che può essere interpretata così: i Pm ipotizzano che l’uomo avesse estratto l’arma per bloccare il fuggitivo e che le cose siano poi precipitate, appunto con la morte del ragazzo, al di là delle sue intenzioni. Ma non è altro che un’ipotesi di partenza, perchè alcuni passanti sostengono di averlo visto chinarsi e prendere la mira, solo un’inchiesta giudiziaria compiuta, sentiti i testimoni e lette le relazioni del medico legale e del perito balistico, potrà stabilire come sono andate realmente le cose.
Intanto, è agli atti della Procura la versione dei fatti fornita dallo stesso agente. La sua verità, che è sostanzialmente una difesa, è contenuta in una dettagliata relazione di servizio scritta mentre ancora il corpo di Mario Castellano era disteso di traverso sullo spartitraffico di via Agnano-Astroni. Ecco la sua verità: «Non volevo ucciderlo, scrive l’agente, e non volevo nemmeno sparare, sono caduto mentre tentavo di afferrarlo, avevo in pugno la pistola di ordinanza, è partito un colpo, il ragazzo è rimasto ucciso». Dunque, secondo la versione fornita a caldo dal poliziotto, nessuna intenzione nè di sparare nè di uccidere, ma non nega, l’agente, descrivendo i fatti, di aver conosciuto Mario nel corso del suo servizio a Bagnoli e, quindi, non esclude di averlo riconosciuto nelle fasi concitate che hanno preceduto la tragedia.
Un solo precedente: quando era in servizio in Puglia, l’agente finì sotto processo per aver sparato contro una macchina di contrabbandieri in fuga. Fu assolto con formula piena, ma ce n’è traccia nel suo fascicolo personale. Forse anche in considerazione di questo episodio, e in attesa degli esiti dell’inchiesta, il capo della polizia, Gianni De Gennaro, ha sospeso il poliziotto dal servizio per gravi motivi disciplinari, accogliendo una richiesta inviata a Roma dal questore Nicola Izzo, ma ha anche espresso il suo più vivo apprezzamento nei confronti di tutto il personale di polizia, che svolge il proprio dovere con impegno e sacrificio per garantire legalità e sicurezza in un contesto difficile come quello napoletano. Un atto non formale, neanche tardivo se si considerano i tempi burocratici, che può essere interpretato come un chiaro segnale di distensione nei confronti della famiglia e di quanti hanno giudicato corporativo l’atteggiamento della polizia nelle prime ore dopo il fatto. Anche il ministro dell’Interno, che aveva già sottolineato a caldo la gravità dell’episodio, ha condiviso la decisione di De Gennaro.
Quasi contemporaneamente alla decisione di sospendere l’agente indagato per omicidio, il questore Nicola Izzo ha disposto anche quattro trasferimenti di agenti dal commissariato di Bagnoli in altri presidi cittadini. Si tratta, evidentemente, dei compagni di lavoro e degli amici più stretti del poliziotto sotto inchiesta, persone che sarebbero state costrette a lavorare, d’ora in avanti, in un ambiente oggettivamente incompatibile con la serenità d’animo richiesta a un rappresentante delle forze dell’ordine. Un’altra decisione che risulterà fondamentale per la ricostruzione, ora urgentissima, del rapporto di fiducia tra polizia e cittadinanza, incrinata, rimessa in discussione, rapidissimamente logorata da due meledetti giorni di dolore.



Domenica 23 Luglio 2000

I colleghi: «Ora siamo tutti nel mirino
ma non possiamo subire processi di piazza»
MAURIZIO CERINO
Al commissariato di Bagnoli le porte sono rigorosamente sprangate, «non per paura, ma per evitare che possano essere compiuti ulteriori atti di danneggiamento». Porte chiuse, ma anche bocche cucite: nessuno vuole esprimersi. Soltanto un commento sulla morte di Mario Castellano che «...di per sè è una vicenda grave, che addolora tutti noi». Ma nessuno si spinge nel merito del fatto.
I soli delegati sindacali parlano, facendosi interpreti dell’umore dei loro colleghi. «Il pericolo è che dietro queste tensioni possa nascondersi una strumentalizzazione della malavita. Bagnoli - prosegue il delegato del Siulp - è tutto sommato un quartiere abbastanza tranquillo anche se ha la connotazione di città nella città. È abbastanza strano vedere questi giovani che danno luogo a un tipo di protesta che non appartiene al loro retroterra culturale, ma piuttosto a chi le piazze le frequenta per professione. Vale invece la pena di sottolineare che l’episodio che ha causato la morte del giovane è un fatto grave. Ma non possiamo essere noi, o i cittadini, o i giornali a stabilire eventuali responsabilità. È un compito che spetta ai magistrati e l'inchiesta sta facendo il suo corso nei tempi previsti».
Un sit-in davanti al commissariato, silenzioso, dei ragazzi di Agnano. Una mezz'ora di presenza e poi sono andati via. Volanti, auto dei commissariati, tutti al lavoro. Ma a sentirli parlare, i poliziotti su strada, si mette in evidenza un tono di grande sconforto.
«Dopo l’ondata di arresti, che tanto fango hanno gettato sulla polizia napoletana - dice un ispettore di un altro ufficio periferico - abbiamo lavorato parecchio per riconquistare un'immagine degna dell'istituzione di cui facciamo parte. Adesso con questo episodio precipitiamo di nuovo. Non possiamo subire processi sommari e di piazza. Il giudizio spetta alla magistratura. Personalmente posso esprimere il mio personale cordoglio ai genitori del ragazzo. Ma quanti si preoccupano di quello che accade quando siamo in strada. Le proteste di questi giorni fanno scalpore perchè riportate con il tragico episodio. Ma ogni giorno siamo bersaglio di proteste: quando arrestiamo uno spacciatore, quando fermiamo qualcuno per un controllo». E una poliziotta rincara la dose: «Ora siamo tutti a rischio, i colleghi di Bagnoli e anche tutti noi, in tutta Napoli. Siamo nel mirino, siamo riconoscibili, siamo in pericolo».




Venerdì 28 Luglio 2000

Agnano, fiaccole di legalità: «Basta con la violenza»
Tremila in marcia per ricordare Mario, il giovane ucciso. Striscione del Siulp: «Uniti nella sicurezza»
RAFFAELE INDOLFI
Sono le 23,30 e migliaia di fiaccole illuminano il viale di Agnano dove sette giorni fa, alla stessa ora cadeva colpito a morte Mario Castellano, il ragazzo di diciasette anni ucciso da un poliziotto perché non si era fermato all’alt. Era senza casco, in motorino. Disubbidiva non per spavalderia, ma per la paura che gli sequestrasssero il mezzo.
Inizia la fiaccolata. L’hanno organizzata gli amici di Mario, la famiglia e vi partecipa tutto il quartiere. Giovani, vecchi, bambini. Il corteo passa davanti al luogo dove Mario è caduto, colpito alle spalle, dalla pallottola del poliziotto che ora è in carcere, accusato di omicidio, e non c’è viso che non si bagni di lacrime, occhi che non si arrossino. Le fiamme delle fiaccole svelano la commozione che attraversa tutti quando la bandiera della Madonna dell’Arco che apre il lungo corteo s’inchina sull’altarino illuminato da candele e zeppo di fiori bianchi, costruito sullo spartitraffico dove Mario cadde sette giorni fa senza vita. Il corteo procede per Bagnoli e parte dopo la celebrazione di una Messa nella piccola chiesa dell’Immacolata, dove gli amici di Mario faticano per non far entrare la gente.
La chiesa adorna di fiori bianchi e di gigli, come l’altarino di Mario sullo spartitraffico, non ha finestre. Dentro solo i familiari di Mario e pochissimi altri. Gli amici non lasciano entrare soprattutto fotografi ed operatori televisivi. Difendono il dolore dei genitori e del fratello gemello di Mario e della sorellina più piccola. Davanti alla chiesetta la folla si ammassa. Mille, duemila. Impossibile contarli. Ma quando la Messa finisce e le fiaccole si accendono subito si capisce che sono molti di più. È gente comune, sono le famiglie del quartiere, una folla multicolore e multirazziale, non ci sono le presenze eccellenti che si aspettavano. C’è in rappresentanza del comune l’assessore Massimo Paolucci, ma non c’è il sindaco Riccardo Marone. Il presidente della Regione, Antonio Bassolino, che pure l’altro giorno è andato a portare una corona di fiori sulla tomba di Mario, non si è visto davanti alla chiesetta d’Agnano. Eppure era data per ceta la sua presenza. Tuttavia a rappresentarlo c’è l’assessore regionale Maria Fortuna Incostante. C’è Antonella Cammerdella, il presidente del Consiglio circoscrizionale di Bagnoli. Accanto a lei, fiaccola in mano, marcia Nando Dalla Chiesa, il figlio del generale ucciso dalla mafia a Palermo, diciotto anni fa. La sua presenza non è un caso. È venuto a Napoli proprio per partecipare alla fiaccolata. Ci sono i carabinieri che fanno il servizio d’ordine insieme con i vigili urbani. Non ci sono poliziotti in divisa. Ma la polizia non è assente. Gli agenti che partecipano sono in borghese e nutrita è la rappresentanza del Siulp, il più rappresentativo sindacato della polizia, guidata da Antonio Ascione, il segretario provinciale.
I poliziotti del Siulp non solo portano la fiaccola, ma marciano dietro un grande striscione bianco con la scritta: «Le forze dell’ordine con i cittadini chiedono sicurezza nella democrazia». La loro presenza rafforza la pace fatta tra gli abitanti del quartiere e la polizia dopo i giorni della protesta innescata dalla morte di Mario. La fiaccolata del ricordo è una grande, commovente, manifestazione di popolo. Ancora un no chiaro e forte alla violenza, ma non riesce purtroppo a diventare - eppure era stato promesso dagli organizzatori - un’occasione per convincere i ragazzi ad andare in motorino con il casco. Nessuno prima della manifestazione, né durante (il corteo era chiuso dagli amici di Mario che portavano a mano i loro motorini) indossava o aveva con sè il copricapo salvavita. Peccato. Gli amici di Mario avevano promesso di distribuirne 200, ma non se n’è visto nessuno. La parola casco, purtroppo, campeggiava solo sul muro davanti all’altarino di Mario.



Domenica 15 Ottobre 2000

LA MADRE DI MARIO CASTELLANO: USATE IL CASCO
Un sito Internet dedicato al figlio
ucciso da un poliziotto ad Agnano
Un sito Internet dedicato «al nostro Mario». Una pagina web dove non solo si ricorda la vicenda di Mario Castellano, il ragazzo di 17 anni di Agnano, a Napoli, ucciso da un polizotto il 21 luglio scorso mentre guidava il motorino senza casco. Ma che è diventato punto di aggregazione per i giovani che cercano la giovane mamma di Mario non solo per mostrarle solodarietà via E-mail, ma anche per ricevere dai lei e dalla sua famiglia consigli e raccomandazione, come quella di usare sempre il casco, affinchè «ciò che è successo a mario non capiti più a nessuno». L'iniziativa è di Patrizia Battimelli, la mamma di Mario, che da alcune settimane ha avviato una pagina web dedicata a suo figlio. Patrizia lo porta avanti insieme con l'altro figlio, Lorenzo (gemello di Mario), con sua cugina Anna e Carmine. Nel sito (l'indirizzo è http://web.tiscalinet.it/castellanomario) oltre agli articoli dei quotidiani che raccontano la vicenda del giovane di Agnano, c'è anche una pagina riservata alle e-mail. «Ma c'è anche uno spazio dedicato alle e-mail - spiega Patrizia Battimelli - e riceviamo lettere anche dal Canada e dal Giappone». «In questo spazio - continua la giovane mamma di Mario - scrivono moltissimi giovani, ai quali rispondiamo. A tutti spieghiamo l'importanza di indossare il casco, di non guidare a forte velocità quando si esce da una discoteca a tarda notte, di non assumere alcool e sostanze stupefacenti e poi mettersi alla guida». Intanto uno dei legali che difendeva il poliziotto che sparò a Mario Castellano, l'avvocato Domenico Ducci, ha ricusato l'incarico per «divergenze nella strategia processuale».



Domenica 5 Novembre 2000

CONFERMATA L’ACCUSA. OMICIDIO VOLONTARIO
Poliziotto-pistolero, inchiesta chiusa 
Mario Castellano, il centauro diciassettenne di Agnano ucciso la scorsa estate da un poliziotto per non essersi fermato all’alt fù assassinato volontariamente. E’ la conclusione a cui è giunta la Procura che nei giorni scorsi ha chiuso l’inchiesta nei confronti dell’agente del commissariato di Bagnoli, Tommaso Leone, attualmente detenuto. Già i giudici del Tribunale del Riesame, a cui si erano rivolti i legali di fiducia dell’indagato, avevano sentenziato che per loro il reato di cui si era macchiato l’agente era omicidio volontario. Ora il magistrato inquirente dovrà decidere se chiedere il rinvio a giudizio del poliziotto. Nel frattempo la difesa ha veti giorni di tempo per chiedere un nuovo interrogatorio del giovane agente, di presentare memorie, esaminare gli atti istruttori della pubblica accusa. Mario Castellano venne ucciso da una pistolettata alla schiena la sera del 20 Luglio scorso. Non si era fermato all’alt imposto da una pattuglia del commissariato di Bagnoli. Il tragico episodio a pochi passi dall’ippodromo di Agnano. Due giorni dopo venne ammanettato, con l’accusa di omicidio volontario il poliziotto che aveva fatto fuoco. Tommaso Leone, origini pugliesi, si è sempre proclamato innocente. Ha sempre dichiarato di non aver avuto l’intenzione di uccidere il centauro diaciassettenne. Ma la sua versione dei fatti, evidentemente, non è stata condivisa dalla pubblica accusa, nè dai giudici del Tribunale del Riesame. Per i pm Michele Del Prete e Luigi Cannavale l’agente si è macchiato del reato, grave, di omicidio volontario.



Mercoledì 31 Gennaio 2001

Il poliziotto pistolero
chiede il rito abbreviato
Ha chiesto, a sorpresa, di essere giudicato con il rito abbreviato. Per Tommaso Leone - il poliziotto accusato di aver ucciso nella notte tra il 20 ed il 21 luglio scorso Mario Castellano, il diciassettenne di Bagnoli che non si era fermato all’alt di una pattuglia - domani potrebbe essere il giorno della verità.
Dovrà infatti comparire davanti al giudice per l’udienza preliminare, Alfonso Barbarano, chiamato a giudicare l’agente con rito abbreviato. Tommaso Leone, che è difeso dagli avvocati Vincenzo Patalano e Vito Normando, è accusato di omicidio volontario. Domani i familiari di Mario Castellano chiederanno al gup la costituzione di parte civile, affidata all’avvocato Sebastiano Fusco.
L’ipotesi di reato è più grave rispetto a quella di partenza: omicidio volontario. Il poliziotto sarebbe stato inchiodato dalle dichiarazioni di un super-testimone e dai risultati della perizia balistica. Secondo la ricostruzione della Procura, l’agente avrebbe estratto la pistola solo dopo essere caduto, avrebbe preso la mira e sparato senza escludere la possibilità di uccidere. Tommaso Leone, poco prima dell’arresto, aveva accusato il Ministero di averlo abbandonato. Mario Castellano, venne ucciso con un colpo di pistola che lo raggiunse alla schiena davanti all’ippodromo di Agnano. In motorino senza casco, non si era fermato all’alt di una pattuglia della polizia. Il 19 settembre fu eseguita anche una perizia, la cui finalità era quella di stabilire se, da quella distanza, il proiettile poteva raggiungere il ragazzo e se, invece, il colpo rimbalzato al suolo, avesse accidentalmente raggiunto la schiena di Castellano.

Tratto da "CORRIERE DEL MEZZOGIORNO"
Venerdì 2 Febbraio 2001

Mario, il diciassettenne di Agnano non si era fermato all'alt. Il gip ha rinviato tutto al 19 Febbraio prossimo.
Delitto Castellano, nuove perizie
In aula il polizziotto accusato di omicidio: la difesa prova a rinunciare al rito abbreviato
  Poco meno di sette mesi dopo quella tragica notte, l'agente di polizia Tommaso Leone ha fatto il suo ingresso in aula di Tribunale per difendersi dall'accusa di aver ucciso, il 20 Luglio scorso, Mario Castellano, il diciassettenne di Agnano che non si era fermato all'alt. Nei giorni scorsi, i legali dell'imputato avevano chiesto di processare il loro assistito con il giudizio abbreviato. Ieri hanno provato a mutare strategia. Prima hanno presentato un'istanza tesa ad ottenere nuove attività istruttorie che il giudice Alfonso Barbarano ha respinto. Poi hanno proposto la rinuncia al rito abbreviato, ma anche in questo caso il gip ha risposto negativamente. Infine, hanno sollecitato una nuova perizia balistica d'ufficio ma il giudice ha ammesso solo la possibilità di depositare un'altra consulenza di parte. Leone, che si è sempre difeso sostenendo di non aver alcuna intenzione di colpire il giovane, è detenuto dal 25 Luglio. Il gip Barbarano ha rinviato tutto al 19 Febbraio prossimo. Alla prima udienza hanno presenziato anche i genitori e gli zii di Mario Castellano, che si sono costituiti parte civile assistiti dagli avvocati Sebastiano Fusco e Gaetano Montefusco. I familiari del diciasettenne non sembrano per il momento disposti a perdonare Tommaso Leone, che a loro giudizio continuerebbe a mentire. Anzi, l'avvocato Montefusco è pronto a rilanciare le accuse e ha depositato nei giorni scorsi, presso gli uffici della procura di Bari, la richiesta di riapertura del fascicolo riguardante la morte di un contrabbandiere, ucciso in Puglia il 23 Gennaio del 1996 durante un conflitto a fuoco contro una pattuglia della polizia di cui faceva parte anche Leone. Per quell'episodio, la posizione del polizziotto fu rapidamente archiviata. Avvalendosi della recentissima legge sulle indagini difensive, l'avvocato Montefusco vuole però riaprire quel caso e ha già sentito un testimone segreto.

Mercoledì 25 Aprile 2001

LA SENTENZA: TOMMASO LEONE COLPEVOLE DI OMICIDIO VOLONTARIO. IL PM AVEVA CHIESTO 16 ANNI
Colpevole di omicidio volontario. Per Tommaso Leone, il poliziotto che nella notte tra il 20 e il 21 luglio scorso esplose un colpo con la pistola d’ordinanza contro il 17enne Mario Castellano, uccidendolo, è il giorno del giudizio: dieci anni di reclusione, recita il verdetto che giunge dopo quasi tre ore di camera di consiglio.
Si conclude così - davanti a un imputato che osserva in silenzio, dietro le sbarre, la lettura della sentenza - il rito abbreviato, primo atto della vicenda giudiziaria che fa calare il sipario su una tragedia dalle molte facce: innanzitutto quella di un ragazzo di soli 17 anni - colpevole solo di non essersi fermato all’alt intimato da una pattuglia - al quale un colpo di pistola ha strappato la vita; quella di una famiglia che ancora oggi, a nove mesi di distanza dalla tragica notte di mezza estate, non riesce a darsi conforto. Ma anche quella di un giovane che aveva sognato di vestire una divisa, male interpretando il ruolo che lo Stato gli chiedeva di svolgere.
Dieci anni di reclusione, pena da scontare in carcere. Interdizione perpetua dai pubblici uffici e risarcimento in via provvisionale di 200 milioni alla famiglia della vittima. La sentenza viene letta dal giudice per l’udienza preliminare Alfonso Barbarano, al termine di una giornata intensa.
Tocca al pubblico ministero Michele Del Prete, rappresentare la posizione della Procura. Sedici anni di reclusione, chiede il magistrato. «Si sarebbe potuto arrestare quel ragazzo per resistenza, forse anche per lesioni; d’altronde il primo a conoscere l’indirizzo di Mario Castellano era proprio l’agente Tommaso Leone. E invece si decise di fermare il ragazzo in modo diverso. Leone sapeva benissimo che da quel gesto sarebbe potuta derivare la morte di Castellano». Per questo il Pm esclude sia l’omicidio preterintenzionale che quello colposo. Ma c’è di più. «Leone - incalza il sostituto - da esperto di armi quale era, sapeva benissimo che da quel gesto poteva scaturire almeno il ferimento di Mario».
Poi la parola passa alle parti civili. Sono interventi intensi, a tratti drammatici quelli dei rappresentanti della famiglia Castellano. L’avvocato Gaetano Montefusco - per il gemello di Mario, Lorenzo - dice senza mezzi termini che «Tommaso Leone è colpevole, ma colpevole è anche il ministero dal quale l’agente dipendeva, perché pur conoscendo bene il curriculum del poliziotto lo ha lasciato a bordo di una volante, mentre avrebbe dovuto trasferirlo in un ufficio»; e Sebastiano Fusco - che rappresenta i genitori della vittima - definisce «agghiacciante» il delitto e ricostruisce i momenti più delicati delle indagini, «non prive di depistaggi e false testimonianze».
Infine tocca ai difensori di Leone, gli avvocati Alfredo Mormando e Vincenzo Patalano. Sono arringhe vibranti, le loro, che controbattono, punto per punto, l’impianto accusatorio. Non ci saranno, invece, le dichiarazioni spontanee che Tommaso Leone aveva, in avvio di udienza, lasciato intendere di voler fare. Niente. Dalla sua bocca, neanche in questa circostanza, uscirà una sola parola di resipiscenza, un solo gesto che accenni a una scusa o sottintenda una richiesta di perdono alla famiglia del ragazzo morto. Ma ora che Mario non c’è più, ora che Tommaso resta in cella e due famiglie - ciascuna per il proprio dolore - piangono l’assenza dei loro figli, quella notte del 21 luglio sembra lontanissima. Il verdetto degli uomini non riporterà certo Mario all’affetto dei suoi. Ma suona come un monito severo nei confronti di quanti interpretano il ruolo delicatissimo che è proprio dei tutori dell’ordine oltrepassando il confine della legge.


Mercoledì 25 Aprile 2001

IL COMMENTO DELLA MAMMA DI MARIO CASTELLANO 

Ha atteso il verdetto a casa, lontano dall’aula dove Tommaso Leone veniva processato: «Perché vedere l’assassino di tuo figlio è sempre come una coltellata al cuore», dice Patrizia Castellano, la madre di Mario. Dopo il verdetto, la donna non ha voglia di gioire né di perdonare. La notizia della decisione del giudice le è stata comunicata dagli avvocati che hanno assistito la famiglia in giudizio, Gaetano Montefusco e Sebastiano Fusco.
«Contenta per la condanna? - dice Patrizia - non scherziamo. Mario è morto, e certo non lo faranno tornare a casa dieci, cinque o anche cento anni di reclusione. Sono soddisfatta comunque di come è andato il processo. Altre volte gli omicidi restano senza colpevole. Invece devo ringraziare il testimone. E soprattutto il giudice, che è stato veramente molto obiettivo». La sera di Agnano è umida, in casa Castellano si parla a voce bassa. Il ricordo di quanto accaduto quella notte tormenta ancora i parenti del diciassettenne che sognava di entrare nel mondo dello spettacolo. Per ricordare Mario ora c’è anche un sito internet, http\\:web.tiscalinet.it\\castellanomario.
«Voglio ripetere che non c’era alcun posto di blocco - dice la madre - quel poliziotto conosceva mio figlio e la sua famiglia. Avrebbe potuto reagire in qualsiasi modo, non certo puntando un’arma contro un ragazzino inerme, un adolescente come tanti». Le parole di Patrizia non aprono spiragli per l’agente che quella sera ha distrutto anche la propria esistenza, oltre a quella di Mario: «Perdonare no, quello mai - sottolinea - Un uomo si uccide una volta sola, e io sono morta da quando hanno ammazzato mio figlio. E poi, colpirlo in quel modo, alle spalle. Sì, lo so che errare è umano. E so anche che si può uccidere. Ma quando c’è un’offesa, quando ci si deve difendere da una minaccia. Ma Mario era disarmato, e non aveva minacciato nessuno. In questi dieci anni, quell’uomo deve pensare a ciò che ha fatto. Se lo farà, si renderà conto che gli anni che gli sono stati inflitti sono pochi».

tratto da “ CRONACHE di NAPOLI “
Mercoledì 25 Aprile 2001

AGNANO L’ agente freddò Mario Castellano che non si era fermato all’ alt: era accusato di omicidio  volontario. 
Uccise un 17 enne, 10 anni al poliziotto killer 
Il gip aveva invocato una condanna a 16 anni: respinta la richiesta di arresti domiciliari

NAPOLI – E’ stato condannato a dieci anni di reclusione, con lo sconto di pena per aver chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato, il poliziotto Tommaso Leone, accusato di omicidio volontario per aver sparato e ucciso, il 20 luglio dello scorso anno ad Agnano, alla periferia di Napoli, contro un ragazzo in motorino che non si era fermato all’ alt. La sentenza è stata emessa al termine dell’ udienza preliminare celebratasi ieri davanti al gip Alfonso Barbarano, al quale il pm aveva chiesto una condanna a 16 anni di reclusione.Il gip ha riconosciuto il poliziotto colpevole di omicidio volontario anche in base alla relazione dei periti balistici  per aver sparato alla schiena contro il diciassettenne Mario Castellano mentre questi si allontanava. Il giudice ha però ritenuto applicabile le attenuanti generiche “prevalenti” sulle aggravanti che si sono aggiunte allo sconto previsto in caso di giudizio abbreviato.partendo da una pena base di 21 anni reclusione,ha perciò inflitto la condanna a 10 anni. L’ avvocato di parte civile, Sebastiano Fusco, costituitosi per la famiglia Castellano, ha chiesto e ottenuto che venisse esclusa l’ ulteriore attenuante della provocazione. Secondo la ricostruzione dell’ agente,il giovane lo avrebbe più deriso, sfidandolo a raggiungerlo. Il gip ha respinto la richiesta della difesa di concedere la libertà  o gli arresti domiciliari sottolineando, nel provvedimento, “la necessità della detenzione in carcere per la gravità del fatto e per la negativa personalità dell’ imputato”. Mario  castellano fu ucciso il 20 luglio scorso ad Agnano: il 17enne non si fermòall’ alt imposto dal poliziotto.Il giovane era senza casco e cercò di sfuggire a un controllo dei poliziotti. L’ agente Tommaso Leone, però, non esitò a sparare un colpo contro Castellano che fu ferito mortalmente. Ieri si è tenuto il processo per il poliziotto che è stato condannato così a dieci anni di reclusione. I giorni seguenti dell’ omicidio ci fu una vera e propria gara di solidarietà  nei confronti della famiglia  Castellano. furono organizzate fiaccolate e addirittura fu dedicato a Mario un sito Internet che raccoglie tutte le lettere dedicate al 17enne.

tratto da “ la Verità NAPOLI “
Mercoledì 25 Aprile 2001

AGNANO/il giudice condanna Tommaso leone per l'omicidio del diciassettenne
Dieci anni all'agente - killer:
ammazzò Mario Castellano

Agnano – Dieci anni per il poliziotto killer riconosciuto colpevole di omicidio volontario Tommaso Leone, l'agente del commissariato di bagnoli dalla cui pistola di ordinanza, il 20 luglio scorso, viene esploso il proiettile che uccise all'istante Mario Castellano, diciassette anni appena. La decisione, al termine del rito abbreviato, e del gulp Alfonso Barbarano. Il magistrato ha considerato prevalenti le circostanze generiche - la fedina penale immacolata del poliziotto- sull'aggravante dell'abuso dei poteri connessi all'esercizio di pubblico ufficiale. Viene così ridotta da 21 a 14 la condanna per omicidio volontario ulteriormente diminuita per le attenuanti generiche. Assistito dai penalisti Vito Normanno e Vincenzo Patalano, Tommaso Leone resta nel carcere di S.Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta, dove è detenuto dalla fine di luglio, subito dopo l'arresto. La richiesta di rinvio a giudizio del poliziotto era stata avanzata dal pm Michele Del Prete. Lo stesso magistrato aveva raccolto la richiesta del rito abbreviato, presentata dai difensori dell'agente del commissariato  Bagnoli. Il processo a carico di Tommaso Leone si è così basato sugli elementi di prova derivanti dagli atti acquisiti in istruttoria, senza passare per la verifica dipartimentale. Ed è proprio questa circostanza che ha consentito all'agente di polizia di beneficiare dello sconto di pena. Dai rapporti di polizia era emerso che più volte Mario Castellano era stato fermato perché era stato sorpresa in sella ad uno scooter senza casco. Così anche la sera del 20 luglio. Il ragazzo non si era fermato all'alt della polizia perché temeva di essere rimproverato dal padre e di dover rinunciare per sempre a quel motorino che rappresentava una ragione di vita e che ne ha decretato la fine. Tommaso Leone - emerge dall'inchiesta - non aveva avuto esitazioni: aveva sparato ad altezza d'uomo dopo un breve inseguimento. nel luglio scorso, a carico del poliziotto viene emessa ordinanza di custodia cautelare dal gip Marco Occhiofino. Un provvedimento emesso quando più acuto è il clamore per la tragica fine di Mario Castellano, con la gente di Bagnoli che scende in piazza per dimostrare la sua indignazione. Tommaso Leone ha sempre sostenuto di essere inciampato e di aver sparato cn la sua pistola di ordinanza soltanto per un tragico errore. Una versione sconfessata dalle perizie balistiche. La condanna del poliziotto viene considerata dagli avvocati di parte civile, Sebastiano Fusco e Gaetano Montefusco, << un successo, perché è stata ritenuta valida l'ipotesi di omicidio volontario >>.

tratto da “ la Verità NAPOLI “
Mercoledì 25 Aprile 2001

La madre della vittima, Patrizia Battimelli, soddisfatta per la sentenza. Ma il dolore resta
<< Deve scontare fino all'ultimo giorno >>

<< Siamo soddisfatti della sentenza perché per la prima volta un poliziotto paga per le colpe commesse >>. Questa è la reazione di Patrizia Battimelli, madre di Mario Castellano, subito dopo la condanna a dieci anni di Tommaso Leoneil poliziotto che lo scorso luglio uccise con la sua pistola di ordinanza il diciassettenne di Agnano. Parole, quelle di Patrizia Battimelli, sussurrate perché << il giudice avrebbe potuto infliggere anche 100 anni a quel delinquente, - dice con voce flebile la madre della giovane vittima - ma nessuna sentenza potrà mai restituirci il nostro Mario >>. Il dolore, dunque, non si cancella. << La mia famiglia ormai è distrutta, con la morte di Mario, il suo gemello ha perso un pezzo di sé che non tornerà mai più >> dichiara Patrizia Battimelli che aggiunge << desiderò ringraziare le istituzioni e soprattutto il Questore Nicola Izzo che ci è sempre stato vicino e non ci ha mai abbandonato >>. Con la sentenza di ieri, dunque, si è chiuso un capitolo. Ma la madre di Mario Castellano, adesso lancia un'altro appello : << Leone ha chiesto di essere processato con il rito abbreviato e la sua richiesta è stata accolta. Ora, però, - afferma Patrizia Battimelli - vogliamo che sconti tutta la pena e che in carcere non gli venga riservato un trattamento di favore soltanto in virtù della divisa che ha indossato. Ha sparato a un ragazzo innocente e questo lo rende un assassino come tutti gli altri che, perciò, non merita alcuna corsi preferenziale >>. E poi si rivolgie alle forze dellordine : << non vogliamo assolutamente fare di tutta un erba un fascio, ma vorremmo invitatre tutti i poliziotti a compiere il proprio dovere con maggiore serietà, ricordando in ogni momento della responsabilià che hanno nel vestire quella divisa. Le forze dell'ordine devo stare vicino ai ragazzi e insegnare loro a rispettare le leggi >>. In memoria del figlio, Patrizia Battimelli, ha creato un sito internet dove sono raccolte tutte le lettere ricevute da ogni angolo del mondo. L'indirizzo è http:\\web.tiscalinet.it/castellanomario.


Martedì 30 Ottobre 2001

PER LA CORTE DI APPELLO SONO CESSATE LE ESIGENZE CAUTELARI
Omicidio di Agnano: libero l’agente che uccise Mario
Da quella sciagurata notte sono passati quindici mesi. Tommaso Leone li ha trascorsi quasi tutti in cella, per un totale di 460 giorni. Da ieri, l’agente di polizia condannato in primo grado a dieci anni con l’accusa di aver ucciso Mario Castellano, il diciassettenne di Agnano che non si era fermato all’alt, è di nuovo libero. Lo ha deciso la seconda sezione della Corte di Assise di Appello, presieduta da Pietro Lignola, che ha ritenuto cessate le esigenze cautelari. Leone, hanno argomentato i giudici dinanzi ai quali si sta svolgendo il processo di secondo grado sull’omicidio di Agnano, non può più inquinare le prove né fuggire. Il provvedimento della Corte accoglie l’istanza presentata dai difensori di Leone, gli avvocati Vito Mormando e Vincenzo Patalano. E rappresenta un altro capitolo che si aggiunge alla dolorosa storia iniziata la notte del 20 luglio 2000, quando Leone era di pattuglia e Mario Castellano, sul motorino, non si fermò al posto di blocco e fu raggiunto da un colpo di pistola esploso dall’arma di ordinanza dell’agente. Sin dal primo momento, Leone si è difeso sostenendo di non aver voluto in alcun modo uccidere il diciassettenne ma di essere solo scivolato. Ora è in corso il giudizio di appello. La Corte ha riaperto il dibattimento e ha fissato la prossima udienza per il 14 dicembre. Quel giorno, il collegio presieduto da Pietro Lignola tornerà sulla scena del delitto assieme ai periti per effettuare un nuovo esperimento giudiziale.
d.d.p.


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